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Home » News » Gastronomia e ristorazione » Da cibo a opera edibile. “Brutalismo” gastronomico: un ritorno alle origini

di Roger Sesto, giornalista

Dopo le ricche preparazioni degli anni ’60; esauritasi la provocatoria essenzialità della nouvelle cousine; ai suoi epigoni la cucina sperimentale/molecolare basata su sifoni, spume, gelatine, è il momento del brutalismo, radicale ritorno agli albori delle diete umane. E il locale svedese Brutalisten, ne è il primo paladino.

L’artista Carsten Höller nell’essenziale cucina del locale di sua ideazione – Photo, Pierre Bjork

Spesso nei ristoranti d’alta cucina gli ingredienti per una singola pietanza sono numerosi, mentre qui il piatto è composto da un unico prodotto, esaltato in tutte le sue forme. Siamo a Stoccolma, dove il ristorante Brutalisten riesce a trasformare il cibo in opera edibile. Dietro questa particolare idea c’è l’artista Carsten Höller, che si rifà al concetto di cucina brutalista, sposato e interpretato dallo chef Stefan Eriksson.

Basta orpelli (sia nei piatti sia negli ambienti): qui siamo “brutali”

“Si evitino decorazioni sul piatto”, è una delle regole del “manifesto” a cui Höller ha intitolato il locale. Una prassi che nasce dall’esigenza di ricercare purezza e semplicità estrema nelle preparazioni da fine dining. Le sue basi sono state gettate nel 2008 quando Höller, con la Fondazione Prada, aprì un pop-up: The Double Club a Londra. Da qui il suo concetto di ristorazione si è affinato fino all’inaugurazione del nuovo ristorante di Stoccolma, che accoglie non più di 28 ospiti. Minimalismo in cucina ma anche in sala, con pareti di cemento grezzo, dadi e bulloni a vista.

Fungo, un elemento ricorrente nell’arte di Carsten – Photo, Brutalisten

Un disagio emotivo coinvolgente, che riporta al seno materno

“Siamo nati come mangiatori brutalisti: il latte materno è il primo ingrediente completo che ci viene offerto” afferma l’artista, convinto del fatto che il brutalismo gastronomico sia in realtà un ritorno alle origini. Tre le declinazioni di questo filone: il Semi-Brutalist, dove viene usato solo olio; il Brutalist, con aggiunta di acqua e sale; il Brutalist Ortodosso, che non prevede alcun condimento. Conclude Höller: questa linea di cucina “ti porta in un territorio inesplorato, basato su un insieme di regole restrittive. Queste possono evocare un certo disagio primordiale, diffuso, che porta a un forte coinvolgimento emotivo. Voglio che le persone si approccino a questo posto come preferiscono”, magari vedendo il cibo come un’opera d’arte.

Lo chef Stefan Eriksson, primo e principale interprete della cucina brutalista – Photo, www.strawberryhotels.com

Niente condimenti e materie prime in toto soliste

Le regole sono senza sé e senza ma: se in una portata vengono utilizzati più ingredienti, non vengono serviti sullo stesso piatto ma, devono essere scorporati in tanti assaggi diversi. Alla ricetta si può aggiungere solo acqua e sale se si tratta di cucina brutalista, ma nell’interpretazione “ortodossa” del movimento nemmeno questi due ingredienti sono ammessi. L’attenzione per la materia prima diventa dunque assoluta. E di fatti Eriksson seleziona personalmente gli ingredienti forniti da pescatori, coltivatori e raccoglitori locali.

Fonte: rollingpin.at
Foto: crediti Brutalisten